Contratto di ormeggio - Aspetti Legali

contratto ormeggio aspetti legali

Ogni qualvolta si ormeggia la propria imbarcazione a un pontile, a una banchina, a un corpo morto o a una boa, si conclude un contratto di ormeggio, anche se non è formalizzato per iscritto. Al riguardo è opportuno sapere che sono molte le conseguenze che possono derivare da accordi di tal genere, soprattutto se questo prevede particolari obbligazioni da parte dell’ormeggiatore che, in tal caso, si assume rilevanti responsabilità nei confronti dell’armatore. Sotto il profilo giuridico, il contratto di ormeggio è atipico. Esso si riconduce ad alcune figure contrattuali previste dal codice civile, secondo le prestazioni offerte in aggiunta alla concessione dello specchio d’acqua. Tuttavia, una delle obbligazioni più importanti da pattuire – e che spesso è rimessa a taciti accordi che si prestano, in caso di sinistro, a innumerevoli confusioni – è l’obbligo di custodia dell’unità da diporto oggetto del contratto.

(Nota 1) - Il contratto di ormeggio è il contratto con il quale un soggetto (c.d. ormeggiatore) concessionario di un’area demaniale e dello specchio d’acqua antistante si obbliga a consentire ad altro soggetto l’ingresso in porto e lo stazionamento dell’imbarcazione in una determinata porzione dello specchio d’acqua (c.d. posto barca), garantendo eventualmente l’utilizzo delle strutture e delle attrezzature (luce, acqua, servizi ecc.), nonché, l’assistenza all’ormeggio, al disormeggio, all’alaggio e all’asporto di rifiuti.)

Infatti, qual è l’armatore che in ormeggi occasionali e temporanei pattuisce un simile accordo con l’ormeggiatore o ancor peggio con il porto di ormeggio fisso tutto l’anno? Questa prestazione è sempre sottovalutata, se addirittura non prevista in forma verbale o scritta. Tuttavia, in caso di sinistro, essa assume una rilevanza enorme, in quanto determina in capo all’ormeggiatore o al gestore del porto la responsabilità dell’imbarcazione. In genere, durante l’assenza dell’armatore dall’imbarcazione, questo confida sempre nell’opera di gestione e custodia dell’ormeggiatore, soprattutto in caso di maltempo. Tuttavia, se una simile obbligazione non è stata oggetto di previsione contrattuale, non ricade, in capo all’ormeggiatore, alcun obbligo di custodia né tantomeno alcuna forma di responsabilità.

(Nota 2) La giurisprudenza afferma che spetta al titolare del posto barca l’onere di fornire la prova dell’esistenza di un obbligo di custodia in capo al concessionario asserendo: “Resta a carico di chi fonda un determinato diritto fornire la prova dell’oggetto e del contenuto” (Cass. civ., 1.6.2004, n. 10484, in Mass. Giur. It., 1994, riguardante una fattispecie in cui una violenta mareggiata aveva danneggiato le unità ospitate presso il porto). Con particolare riferimento all’obbligo di custodia, la giurisprudenza ha ampliato il concetto anche ad accessori e pertinenze della barca estendendo tale obbligo e la relativa responsabilità al motore, alle vele e alle dotazioni obbligatorie. Pertanto, una volta provato che nel contratto è previsto l’obbligo di custodia della barca, spetta al depositario fornire la prova liberatoria relativa all’esclusione delle pertinenze dagli obblighi di custodia (e non, viceversa, al depositante provarne l’inclusione).)


La natura giuridica

Come detto, il contratto di ormeggio non ha una specifica regolamentazione, né nel codice civile né nel codice della navigazione, esso è un contratto atipico riconosciuto dalla giurisprudenza meritevole di tutela giuridica. Può essere assimilabile a un contratto di locazione o a un contratto di deposito affidando la barca agli addetti alla struttura, con l’obbligo della sua custodia.

(Nota 3) - Ciò significa che l’ormeggiatore-depositario deve provare che il danno è stato causato da un fatto “a lui non imputabile”, ai sensi dell’art. 1218 c.c. cioè dovrà provare che si tratta di un evento esterno che ha reso impossibile l’adempimento dell’obbligazione di custodia. In tal senso anche la giurisprudenza ha asserito: “con riferimento al contratto di ormeggio con obbligo di custodia, in caso di avaria, deterioramento o distruzione della imbarcazione, il concessionario dell’ormeggio non si libera della responsabilità ‘ex recepto’ provando di avere usato nella custodia della ‘res’ la diligenza del buon padre di famiglia prescritta dall’art. 1768 c.c., ma deve provare a mente dell’art. 1218 c.c. che l’inadempimento sia derivato da causa a lui non imputabile” (Cass. civ., 1.6.2004, n. 10484, cit.). Il gestore si viene così a trovare in una posizione assai gravosa. La Cassazione tende comunque ad alleggerire l’onere della prova gravante sull’ormeggiatore, chiarendo che “tale fatto esterno non deve assumere necessariamente i caratteri del caso fortuito o della forza maggiore, atteso che non si versa in ipotesi di presunzione di responsabilità, ma di presunzione di colpa. Pertanto la prova liberatoria consiste nella dimostrazione di aver adottato tutte le precauzioni suggerite dall’ordinaria diligenza, con l’avvertenza che ove il concessionario dell’ormeggio si renda conto (o debba rendersi conto) della necessità di uno sforzo maggiore rispetto a quello ordinario, egli è tenuto a prestarlo, versando altrimenti in colpa cosciente, ancorché abbia custodito il bene con la diligenza del buon padre di famiglia” (Cass. civ., 1.6.2004, n. 10484, cit.). In sostanza, l’ormeggiatore-custode può superare la presunzione di colpa ex recepto se dimostra di non avere avuto colpa nell’inadempimento e di avere adottato tutte le cautele che le circostanze suggerivano, secondo un criterio di ordinaria diligenza, per evitare la distruzione delle cose depositate.)

In questo secondo caso il contratto di ormeggio genera un obbligo di custodia in capo al soggetto-gestore cui è affidato. Dunque, l’elemento discriminante, ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile, è la sussistenza o meno del servizio di custodia dell’imbarcazione. Ne consegue che, data la natura atipica del contratto di ormeggio, gli elementi atti a inquadrare l’istituto applicabile e quindi la disciplina relativa sono: l’interpretazione effettiva della volontà delle parti che hanno stipulato il contratto e le prestazioni in concreto rese dal gestore del porto. Tale indagine, tuttavia, appare particolarmente complessa in mancanza della forma scritta del contratto quando opera la semplice consegna dell’imbarcazione all’ormeggiatore.


In questi casi, come si può accertare la volontà delle parti?

In particolare, per capire se l’ormeggiatore abbia un obbligo di custodia, è sufficiente che salga a bordo per completare la manovra di attracco alla banchina o dia le proprie cime per ormeggiare la barca, o l’armatore deve consegnare allo stesso le chiavi? Nella pratica, salvo appositi accordi scritti, l’armatore utilizza sempre le proprie cime di ormeggio e/o baffi e viceversa consegna i doppioni delle chiavi per ogni evenienza all’ormeggiatore. Tuttavia assumere questi atteggiamenti come criteri identificativi della volontà delle parti di concludere anche una prestazione di custodia è assai difficile. Va detto che in presenza di un ormeggio a un pontile in completa assenza di cime e corpi morti dell’ormeggiatore si realizza un contratto di locazione del solo specchio d’acqua senza alcuna custodia, diversamente dall’ipotesi di un ormeggio a una boa.


Conseguentemente, possiamo dedurre che in ogni porto dove si usa il corpo morto vi è sempre la custodia dell’ormeggiatore?

In effetti, se oltre alla locazione dello specchio d’acqua vi è l’utilizzo anche di altri beni, come le cime o la catenaria, vi è un’obbligazione aggiuntiva. Questa può intendersi anche come obbligo di custodia, diversamente dall’accosto in banchina dando fondo alla propria ancora e usando le proprie cime di ormeggio di poppa. Nella pratica, ci potremmo trovare di fronte a tre diversi tipi di ormeggio ovverosia:

1) la locazione del solo specchio di acqua

2) l’ormeggio al pontile con l’utilizzo delle trappe o cime dell’ormeggiatore senza concordare con lo stesso alcunché sulla custodia dell’imbarcazione

3) l’ormeggio in banchina accettando specificamente una clausola di esonero di responsabilità.

È da dire che, soprattutto in quest’ultimo caso, è assai remota l’ipotesi in cui vi sia una volontà contraria, ovvero che il diportista non intenda concedere la custodia della barca all’ormeggiatore quando, come spesso accade, non è presente a bordo per ogni tipo di controllo. Quindi, salvo patto contrario, in genere si è sempre in presenza di un obbligo di custodia della barca, ma la poca chiarezza può generare senza dubbio problemi all’esito di sinistri o danni subiti in costanza di ormeggio. In tal senso, incombe a colui che fonda un determinato diritto fornire la prova che il contratto ha avuto a oggetto non la semplice utilizzazione delle strutture, ai fini dell’attracco e della sosta, ma altresì la custodia dell’imbarcazione. La relativa prova può essere data anche attraverso testimoni e può, eventualmente, essere tratta da presunzioni che presentino i connotati della gravità, della precisione e della concordanza (art. 2729 c.c.).

(Nota 4) - Tale disciplina è dettata dall’articolo 1916 c.c. che stabilisce: “L’assicuratore che ha pagato l’indennità è surrogato, fino alla concorrenza dell’ammontare di essa, nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili”. La dottrina ha chiarito che è sempre nulla la pattuizione che esclude la responsabilità dell’ormeggiatore per fatti commessi con dolo o colpa grave, e la clausola di esonero della responsabilità, anche per fatti determinati da colpa lieve, è valida solo se specificamente approvata per iscritto, se contenuta nelle condizioni generali di contratto o nei formulari (artt. 1340 e 1341 c.c.).)

Al riguardo, un’espressa pronuncia della Corte di Cassazione del 2004 ricalca un episodio analogo alla tragedia di Rapallo ove si palleggiava la responsabilità e la custodia delle imbarcazioni danneggiate da un evento straordinario che aveva fatto crollare la diga. Pertanto, al fine di evitare sgradevoli incomprensioni, è sempre il caso di formalizzare per iscritto tale volontà e, in ipotesi diversa, è quantomeno opportuno consegnare le chiavi della barca all’ormeggiatore dando atto di tale circostanza.


In caso di danni derivanti da eventi atmosferici chi paga ?

In questo caso si dovrà valutare preliminarmente se il gestore del porto ha assunto obbligo di custodia dell’imbarcazione e se vi sia anche una qualche responsabilità per il suo operato. Tuttavia, laddove queste circostanze siano mancanti, non è detto che il risarcimento non possa non essere corrisposto dalla polizza corpi della barca stessa. Al riguardo, è opportuno un breve accenno sulla validità delle clausole di esonero della responsabilità inserite nei contratti di ormeggio. Infatti, accade molto spesso che nelle condizioni generali allegate ai contratti di ormeggio sia inserita una clausola di esonero di responsabilità da parte di colui che riceve in consegna la barca. In tal caso, l’accettazione di questa clausola rende impossibile il risarcimento in caso di danni da parte dell’assicuratore, in quanto quest’ultimo non può surrogarsi nei diritti dell’assicurato verso i terzi responsabili. In altre parole, la compagnia assicurativa, in presenza di una responsabilità dell’ormeggiatore per i danni subiti dall’imbarcazione, non potrà anticipare il pagamento del risarcimento del danno in favore dell’assicurato a fronte dell’accettazione della suddetta clausola e, conseguentemente, a fronte dell’impossibilità di richiedere a sua volta il pagamento all’ormeggiatore. Questa, che assume il valore di clausola vessatoria, necessita di una specifica approvazione scritta. Pertanto, le eventuali prenotazioni fatte online con successivo pagamento, anche se determinano l’accettazione delle condizioni generali contrattuali pubblicate sul sito, non stabiliranno in capo all’ormeggiatore l’esclusione di responsabilità. Alla luce di ciò, anche in presenza di una polizza corpi, quando si accetta, per iscritto, una clausola di esonero di responsabilità da parte del gestore, è bene sapere che la compagnia assicurativa, in caso di sinistro in porto, può avvalersi, ai sensi dell’art. 1916 c.c., della facoltà di non pagare il risarcimento del danno subito per un evidente aggravio di rischio a suo carico, che ha mutato le condizioni contrattuali di fatto, in quanto è impossibilitata a surrogarsi nei diritti dell’assicurato nei confronti del responsabile.


In caso di maltempo o di avaria, l’ormeggio in porto è un diritto?

In caso di cattivo tempo le unità in navigazione hanno diritto di ormeggiare nel porto più vicino, sia esso pubblico che dato in concessione a società private, e in qualunque periodo dell’anno. Tale diritto si ricava dalla circolare n. 47 del 5/8/1996 della Direzione Generale Demanio Marittimo del Ministero dei Trasporti e della Navigazione.

Questa, in assenza di una specifica norma di legge, stabilisce che nei porti italiani il 10% di tutti i posti barca, anche quelli dati in concessione, dev’essere destinato alle unità in transito. Essa stabilisce inoltre che il mancato rispetto di questa prescrizione va segnalato ai rispettivi comandi della Guardia Costiera. La circolare stabilisce altresì che l’ormeggio dev’essere gratuito se usato per un tempo inferiore alle dodici ore giornaliere, nella fascia oraria che va dalle ore 8 alle 20, e per non più di tre ormeggi al mese. In ogni caso, per le soste prolungate, devono essere applicate specifiche tariffe agevolate. Le richieste e le prenotazioni degli accosti sono annotate in un registro, numerato e siglato in ogni singola pagina dall’autorità marittima territorialmente competente. È doveroso evidenziare che ogni violazione va segnalata all’autorità marittima. Tuttavia, non si può prescindere da una considerazione, ovverosia, in che modo si determina la condizione di maltempo o l’avaria sufficiente per fruire di tale diritto? E soprattutto chi fa questa valutazione? In assenza di una precisa normativa, questa de- cisione è rimessa al diportista (comandante) rapportato ai dati di massima offerti dal servizio meteorologico o dall’impossibilità di manovra dell’imbarcazione, ma soprattutto anche dalla disponibilità del posto di ormeggio, che, in caso di pericolo, non deve necessariamente coincidere con i posti assegnati. Comunque, la questione an- drebbe valutata caso per caso.


Conclusioni

In conclusione, sarebbe quanto mai opportuno un intervento del Legislatore per regolamentare il contratto di ormeggio nelle sue linee essenziali, anche a fronte dei sempre più frequenti eventi atmosferici che causano danni alle imbarcazioni. Ciò favorirebbe una maggiore trasparenza dei rapporti contrattuali con una chiara individuazione dei rispettivi diritti e obblighi e, soprattutto, una chiara disciplina dei limiti della responsabilità dell’ormeggiatore nei confronti dell’armatore. In attesa di una disciplina ad hoc, il diportista deve prestare la massima attenzione ai contratti che conclude. In concreto, li perfezionerà preferibilmente in forma scritta, cercando di dare una previsione a ogni tipo di evento, tenendo conto anche delle garanzie prestate dalle compagnie assicurative delle parti contrattuali. In altri termini la previsione contrattuale sicuramente previene eventuali problematiche e contrasti che possano approdare a contenziosi davanti ai tribunali.

Il comandante che da volta alla trappa sulla galloccia di prua, di quella trappa è responsabile il porto, in caso di rottura della cima sarà il porto a pagare i danni. In caso di danni alla barca mentre questa è all’ormeggio, nella maggior parte dei casi il marina non paga perché nel contratto di ormeggio è inserita la clausola che esonera il marina da ogni responsabilità. Se questa clausola non c’è o il contratto è di tipo verbale, allora l’ormeggio potrebbe essere considerato custode della barca e, quindi, responsabile.

Il diportista che in navigazione dovesse incontrare mare brutto ha il diritto di entrare in un porto, il comandante di questo può rifiutargli l’ormeggio perchè il porto è pieno, ma se dovesse succedere qualche cosa, il comandante del porto potrebbe esserne considerato responsabile.